Tirate le somme

Con i poteri conferitimi dal Magnifico Rettore,

vi dichiaro Dottori in Informatica

 

homersimpson-laureaFinito. Dopo poco più di 3 anni all’Università degli Studi di Milano, alla fine mi sono laureato pure io. Non un gran votone, 99, ma in fondo poco mi importa. Le materie in cui non sono andato bene sono quelle che con l’informatica hanno meno a che vedere, e alla fine tutto si riconduce a quello. La laurea che ho preso, la facoltà che ho frequentato, poco hanno a che vedere con l’informatica, con quella che è l’informatica ora e nei prossimi anni.

Se potessi tornare indietro a Luglio 2009 quando, neo maturato, mi sono iscritto all’UniMi, credo che mi fermerei. Calma, respira. Forse questa non è la scelta migliore.

No, non sono per nulla soddisfatto della mia Università, di quello che mi ha offerto, rapportato a quello che pagavo. Programmi arretrati, corsi non competitivi per il mercato del lavoro, attrezzature e locali inadatti ed inefficienti. Lo specchio del declino dell’Università italiana. Quella che un tempo era il fiore all’occhiello dell’informatica in Italia, oggi non è che una facoltà che insegna l’ISDN come il futuro di internet. Per dire.

2 o 3 esami sono quelli che si salvano, coi rispettivi professori. Gli altri… bah.

Credo che la maggior parte del declino sia dovuto alla mancanza di fondi, ma è anche vero che si potrebbe fare uno sforzo e cambiare i programmi ed i corsi complementari. Per esempio, perchè non togliere qualche credito di matematica e inserire dei corsi  di applicazioni Android, iPhone e Windows Mobile? E anche un bel corso di sviluppo web, di quelli completi, divisi in moduli, dalla programmazione lato server, alla creazione di interfacce grafiche fino alla sicurezza web? O magari corsi che certifichino la conoscenza in ambito Linux, Windows e Mac.

I laureati devono uscire e le aziende dovrebbero fare a gara per averli. Invece no, ci rendono i metalmeccanici del 21° secolo, seduti di fronte a un pc a scrivere due righe di codice (se va bene) o fare report per una banca.

Parliamo tanto di fare StartUp, ma datecene la possibilità! Tuteliamo gli studenti che si mostrano abili, offriamogli i locali e i mezzi universitari per poter sviluppare le idee e i progetti, finanziamoli e non lasciamoli allo sbando, alla ricerca di qualche buon’anima che gli dia dei soldi. Non dovrebbe fare anche questo l’Università?

Chissà perchè, ma come sempre questo mi pare il mio bel mondo utopico, e purtroppo non ci azzecca nulla con quello che mi sono lasciato alle spalle il giorno della mia laurea.

Un’Università che, tutto sommato…

“Bè, sarebbe un 22…”

“Scriva cazzo, scriva!”

Così si conclude il mio ultimo esame all’Università degli Studi di Milano. 3 anni iscritto al corso di Informatica, con alti e bassi. E tutto sommato, non è stato poi così brutto. Solo deludente.

Il corso di Informatica all’UniMi è quanto di più anacronistico si possa trovare. Una materia come l’informatica, che cambia, sia aggiorna e migliora ogni 6 mesi, insegnata come fossimo negli anni novanta, come se poi, usciti da qui, non si dovesse andare a lavorare e usare tecnologie recenti.

Perché studiare matematica su matematica, linguaggi a metà senza considerare aspetti più “raffinati” quali un’interfaccia grafica, e poi non fornire corsi su sviluppo web o applicazioni smartphone, significa non dare agli studenti ciò che davvero serve nella vita fuori dall’Università.

La nostra università forma laureati già arretrati nel momento stesso di uscire. Se ci si vuole aggiornare bisogna farlo da soli, cercando con le proprie manine in Google come si fa. Ma guai a dire a un professore di aggiornare i propri programmi anno per anno, troppo difficile. Guai a rimuovere corsi fuffa e sostituirli con insegnamenti seri e validi che ci possano rendere competitivi con il resto del mondo.

Noi impariamo a studiare, studiare e basta. Mai a fare. E per quanto sia utile e nobile fare ricerca, e da qui giustificare questo tipo di studio, tuttavia la formazione professionale deve essere garantita e garantita in modo ottimale, o ci si troverà ancora una volta ad avere una serie di laureati di carta.

L’Università Italiana, l’UniMi, fiore all’occhiello negli anni ’90 e 2000 per il mio Corso di Laurea, è stata una vera e propria delusione, evidenziatasi palesemente durante il mio Erasmus nel confronto con gli studenti stranieri. Ecco perché qui, dopo la laurea, non ci metterò più piede. E di certo non sorrido per questa mia scelta.

 

Mi ci costringono

Ogni anno sempre la stessa storia: orari fatti coi piedi, professori che devono imporre i giorni che gli fan più comodo per insegnare e studenti che devono andare in Giappone a comprarsi una nuvola Speedy (o Kinto, per gli amanti dell’originale) per poter essere presenti a tutte le lezioni. Certo, questo non sarebbe sufficiente dato che, ovviamente, ci sono pure lezioni sovrapposte. Mai semplificarsi la vita, ci manca…

Cooooooomunque, gisto per rendervi l’idea di quanto siano deformi e contorti gli orari:

Lunedì: 2 ore;
Martedì: prime 2 ore con 2 lezioni sovrapposte, l’una a 3,9Km dall’altra, seguite da altre 2 ore in un posto, per poi teletrasportarsi per altre 4 ore, sempre a 3,9Km di distanza;
Mercoledì: 2 ore;
Giovedì: 2 ore;
Venerdì: libero.

Mi sembra chiaro che qualcosa non vada nel Martedì… con 4 giorni su 5 praticamente VUOTI, spalmare le lezioni su questi no, eh? E siamo pure il dipartimento di informatica, abbiamo gente rispettabilissima nell’ambito degli algoritmi in grado di tirar fuori un orario decente. E tra le tante cose, mi spiegate che senso ha mettere un corso del 3° anno di informatica in Città Studi e non al Dipartimento di Informatica?

Lo so, mi lamento sempre (e forse questo post è pure un po’ contorto) ma non è possibile che sia sempre così. Sempre, sempre così.

PS. Non so davvero se “Mi ci costringono” sia italiano, ma mi piaceva il suono.

E Finlandia fu! – Parte seconda

Come avevo annunciato nello scorso post, sono stato selezionato per andare in Erasmus in Finlandia all’Università di Jyvaskyla.

Oggi, alle 16:30 circa, dopo una giornata iniziata male e continuata peggio grazie allo sciopero dei ferrotranvieri, ricevo una mail dal responsabile Erasmus della mia università:

Cari S. e Bassi

proprio ora mi scrive G. rinunciando alla sua destinazione Metropolia.
Ora Bassi, che viene prima di S. aveva opziopnato Metropolia e si era accontentato di Jivaskila.
Entrambe le sedi sono in Finlandia e quindi accontenterebbero le aspirazioni di entrambi.
Dunque:
ipotesi 1-> Bassi a Metropolia e S. a Jivaskila
ipotesi 2-> Bassi resta a Jivaskila e S. va a Metropolia.

Cosa significa questo? Significa che ora posso scegliere di andare alla Metropolia University di Helsinki, la mia seconda scelta, nettamente preferibile all’Università di Jyvaskyla vista la presenza di TUTTI i corsi in lingua inglese.

La pecca sta nell’esagerato costo della vita (dovuto al fatto che, comunque, si è nella capitale). Ma il livello di istruzione è superiore, quindi credo che opterò per l’ipotesi 1: Metropolia University of Applied Sciences.

Inoltre è praticamente certo che la mia partenza avverrà a inizio agosto, se non la 3^ settimana di Luglio. Questo significa che, da una parte devo fare tutte le cose organizzative di fretta, dall’altra che sarò a casa a fine Dicembre, con la conseguente possibilità di usufruire della sessione d’esami di Gennaio-Marzo. In ogni caso molte altre informazioni le avrò più avanti.

Stay tuned, more to come!

 

 

Day 2

Dopo un inizio di semestre all’insegna della matematica, ecco spuntare una materia prettamente informatica: Sistemi Operativi.

Simpatica presentazione del corso da parte del prof:

Questo è il primo corso davvero universitario che fate. Gli altri corsi erano di tipo pressapoco liceale. Qui dovrete studiare, studiare, studiare. Se studiate tanto lo passate, se studiate poco non lo passate.

[Altro sulla difficoltà del corso…]

Quando mi chiedono che differenza c’è tra Ingegneria Informatica al Politecnico e Informatica qui alla Statale, rispondo sempre: loro non hanno il corso di Sistemi Operativi. Perché? Perché gli ingegneri non ci arrivano a queste cose, non sono in grado di farle!

Grande gaudio tra la classe che, intimorita dall’incipit, si è subito sentita parte di una realtà elitaria (anche se, da fonti attendibili, pare che qualcosa di simile viene insegnato ad ingegneria…). Salvo poi rendersi conto della quantità esorbitante di studio previsto. Già studiare la materia non è la cosa più semplice del mondo, se poi ci si mette pure il libro totalmente ed esclusivamente in inglese, la cosa si complica ancora di più. Ma questo è il minore dei problemi (o la mia più grande fortuna).

La mattinata era iniziata con una voglia smodata di possedere un taccuino per le multe: faccio per entrare in città e una vecchietta, in auto, taglia amabilmente la curva puntando dritto dritto verso di me e costringendomi ad andare fuori strada per evitare che la mia auto si trasformasse in una variopinta lattina di cibo per cani. A quella vecchietta fischiano ancora le orecchie, tante gliene ho dette dietro.

Ma non è finita qui: arrivo ad un incrocio e trovo un incidente. Furbissima donna che tenta di cambiare corsia senza guardare negli specchietti viene presa in pieno sulla fiancata da un furgoncino. Naturalmente il triangolo era a 50 metri dall’incidente per avvisare le altre auto. Macchè, i due stavano lì a parlare al telefono, per dire poi chissà cosa “Pronto mamma, ho fatto l’incidente… no, no… torno a casa a mangiare. Sì, fammi la pasta al ragù…“. Dopo credo 5 minuti di senso unico alternato (in cui ogni-singola-auto si fermava a guardare quello che fosse successo, come se fosse uno spettacolo) i due geni posizionano il triangolo… attaccato alle auto. Ora, dico io: a che cazzo serve?!

E ci sarebbero anche i vari insulti rivolti ai simpaticoni che parcheggiano di traverso occupando tre posti, a quelli che, per qualche oscuro motivo, decidono di parcheggiare nell’unico punto in cui è possibile uscire dal parcheggio, costringendo gli altri guidatori a fare una retromarcia di 100 metri. Sullo sterrato. Con tipo 1 metro di larghezza. Bestemmie.

Simpatico secondo giorno quindi, e fortuna che la settimana finisce domani. Grazie carnevale ambrosiano.

Si ricomincia

Oggi ho ricominciato le lezioni all’università. Secondo semestre del secondo anno di Informatica. Sarebbe meglio dire di “Laurea in Matematica nascosta sapientemente dietro qualche computer infilato qua e là“. A quanto pare con il nuovo ordinamento, iniziato proprio con la mia annata, gli esami di matematica prolificano come funghi dopo una giornata di pioggia.

In due anni devo sostenere 5 esami di materie matematiche. Su 13 esami 5 sono solo di matematica! Se mi iscrivevo a lettere cosa mi trovavo, esami di “Benessere e cultura animale”?

Fortunatamente l’orario sembra decente, solo 2 giorni a settimana finisco nel pomeriggio, gli altri riesco sempre a tornare a casa per pasteggiare, il che mi permette di avere tutto il pomeriggio libero. Oddio, libero… devo studiare come uno stronzo, eh! Perchè se tutto va come deve andare… ma vediamo di non menare sfiga e passare oltre.

Prevedo un semestre molto, molto impegnativo. Dovrò limitare il mio cazzeggio sul pc (come sto facendo ora) e aumentare le ore di studio, nonchè integrare tutto con allenamenti ed arbitraggio nel fine settimana. Per non parlare poi della vita sociale: quella dovrò pure incastrarla da qualche parte.

Come dice il demotivational in figura:
COLLEGE: Buoni voti, Vita sociale, Dormire a sufficienza. Puoi sceglierne solo due.

Orari

Alla fine sono usciti i tanto attesi orari delle lezioni.

Bene, ora io mi uccido.

Nel primo semestre ho 3 materie. Sembrano poche, già, eppure riescono a incasinarmi totalmente la settimana.

Lunedì: 8:30 – 12:30

Martedì: 8:30-10:30 (buco di 3 ore) 13:30-19:30 con tanto di teletrasporto alle ore 15:30 da Città Studi a via Comelico.

Mercoledì: 10:30-13:30 (buco di 1 ora) 14:30-18:30

Giovedì: 8:30-12:30 (buco di 1 ora) 13:30-17:30

Venerdì: 8:30 – 12:30

Addio vita sociale.

La mia università piange

E’ di ieri sera la mail dei rappresentanti della Sinistra Universitaria in cui mi viene comunicato che inizierò le lezioni del secondo anno il lontano 15 Ottobre.

Ora, sebbene la mente di un piccolo studente liceale possa portare alla formulazione dell’idea “Wow, che figata, ti fai altre due settimane di vacanza!“, tuttavia non posso che essere triste per questa notizia. Mi spiego meglio: questa decisione è stata presa in seguito al rifiuto dei ricercatori, totalmente giustificato, a non svolgere più il ruolo di docenti. Infatti costoro non sono tenuti e non sono pagati per fare lezione a noi, ma da anni si prestano a questo compito per dare una mano alla propria università. In poche parole, insegnano gratis.

Inoltre, cosa altrettanto importante, “si è deciso di inviare al Parlamento e al Governo, perché si rendano conto dei danni che faranno sul sistema universitario italiano i pesantissimi tagli ai finanziamenti e alcuni dei risvolti più immediati di questa legge e, pertanto, decidano di accogliere gli emendamenti presentati dal mondo accademico.

Insomma, la mia università, come molte altre, non ha più soldi. Si è costretti ad aspettare il termine ultimo di pagamento delle tasse universitarie per poter almeno abbozzare un’idea di lezioni.

Quando si guarda il telegiornale e si vedono tutti questi docenti, ricercatori e altre cariche universitarie che protestano non si capisce bene come mai lo fanno, anche perchè subito dopo appare il politico di turno tutto pompato che dice “Noooo, non stiamo tagliano fondi all’università! Stiamo solo togliendo gli sprechi!”. Bene, posso dirti una cosa? VAFFANCULO!

E cosa dovrebbe essere?

E’ da più di un anno che in Città Studi all’Università degli Studi di Milano stanno facendo lavori su lavori per realizzare un progetto il cui rendering architettonico non rende l’idea proprio per una cippa.

Se si guarda il progetto si troverà questa immagine:

Degli spazi verdi, qualche albero qua e là, e… un pilastro rosso che si erge con tutta la sua imponenza su tutto il centro di Città Studi. Ora, io non sono un architetto, ma cosa dovrebbe essere? E’ un pilone gigante che non fa nulla. A dimostrazione di ciò ecco alcune immagini scattate stamattina ai lavori in corso:

Forse non si capisce bene dalle immagini, ma questi piloni sono fatti di placche metalliche all’esterno e all’interno di… scale. Solo scale. Non c’è altro. Ma a cosa servono, qualcuno me lo spieghi!

Se qualche anima santa ha avuto l’illuminazione e sa chi/che/cosa siano me lo dica. La mia mente non concepisce un simile ecomostro!

Colonizzazione selvaggia

Posso descrivere solo così il comportamento di quelle persone che entrano in sala studio in università e colonizzano i banchi con cartelle, giacche, libri e caschi per moto, e se ne vanno bellamente in giro a fumare o bere il caffè per un periodo di tempo che va dai 30 minuti a +infinito.

Capisco assentarsi qualche minuto per orinare o anche prendersi qualcosa alle macchinette da consumare durante lo studio, ma arrivare, lasciare lì la roba e andarsene per un tempo così lungo no! Se entrate in aula studio la utilizzate, non è un guardaroba! Spero vivamente che un giorno vi rubino tutte le vostre stramaledette cose e che, perchè no, vi venga l’ulcera! Ecco.

Sì, sono una persona cattiva… E vendicativa.